In questi giorni stanno emergendo gravi atti di corruzione, sia a livello provinciale che nazionale. Il rischio è, come sempre (!!?!), che tutto si concluda nascondendo la polvere sotto il tappeto.
La scelta della Moratti a Milano di sospendere Pennisi dalla cariche pubbliche apre invece un capitolo importante, che rimarrebbe incompleto e pertanto inefficace se non si affrontassero seriamente due questioni fondamentali:
1. l’equiparazione delle responsabilità tra amministratori pubblici e membri delle società partecipate, perché in entrambe i casi la corruzione e il malaffare arrecano gravi danni allo Stato, alle amministrazioni locali e, quindi, ai cittadini.
2. Il problema degli incarichi multipli nelle società pubbliche, con l’unico scopo di compensare, con ruoli e redditi, soggetti utili nella politica e in altri campi, aprendo la strada a reti di favori in cui il confine tra lecito e illecito va fuori controllo.
Temi questi ben presenti anche a Filippo Penati che, nello scorso mandato in Provincia di Milano, mentre da una parte vantava a proprio merito la riduzione dei membri dei Consigli di Amministrazione nelle società partecipate dalla Provincia (peraltro prevista dalla legge!), dall’altra non impediva che si moltiplicasse lo spezzatino delle società e dei rispettivi Consigli d’Amministrazione nel sistema dell’acqua pubblica, e avvallava il sistema degli incarichi multipli, sostenendo la nomina di Tiziano Butturini (arrestato pochi giorni fa) alla presidenza di più società del sistema idrico, tra cui Amiacque e TASM.
Oggi più che mai per affrontare la questione morale servono atti concreti e non parole. Il centrodestra prosegua quindi immediatamente sulla strada tracciata dal precedente Consiglio provinciale (ad esempio dare seguito all’approvazione degli ordini del giorno per la gestione pubblica del sistema idrico, con un’unica società, promossi dal PRC), ed il candidato Penati, piuttosto che spiegarci che il suo listino contiene solo persone pulite (in perfetto stile “scuola quadri PCI”), faccia in modo che l’uomo da lui sostenuto si dimetta da tutte le società in cui siede.